mercoledì 20 ottobre 2010

16 ottobre: con la Fiom, con l'Italia che non si piega!

Siamo partiti in tantissimi, con la Fiom, con Rifondazione e la Federazione della Sinistra, con i pullman organizzati autonomamente come Giovani Comunisti, per raggiungere sabato scorso la manifestazione indetta per rivendicare "democrazia, lavoro e diritti".
Ci siamo trovati davanti una piazza che possiamo definire storica.
Non contano i numeri (che il sindacato non ha voluto dare, lasciando ad altri guerre di cifre che negli ultimi anni hanno finito con l'instaurare un meccanismo per cui ad ogni corteo si doveva sparare un numero, sballato, più alto), conta che Piazza San Giovanni era stracolma di gente fin dalle prime ore del pomeriggio, mentre parte del corteo principale, dove eravamo presenti come GC e come FdS, doveva ancora lasciare un'affollatissima Piazza della Repubblica, zona del concentramento.


Conta la qualità che è emersa da questa manifestazione, capace di mettere al centro della mobilitazione un progetto politico chiaro, delineato nel discorso finale del segretario Fiom Maurizio Landini, che mette insieme la centralità del lavoro, la scuola pubblica, l'investimento su ricerca e innovazione, la lotta al precariato, la difesa dei beni comuni, l'esigenza di superare il sistema di produzione, sociale ed economico vigente per costruire un'alternativa.
Un progetto politico che non può che sovrapporsi a quello dei GC e della Federazione della Sinistra, unico soggetto potenzialmente in grado di raccogliere ampi consensi che pone al centro del suo essere il superamento del capitalismo e la costruzione di una società più giusta e più democratica, che abbiamo identificato con il laboratorio del Socialismo del XXI secolo.

Conta l'appello, accolto dal boato delle centinaia di migliaia in piazza, a costruire lo sciopero generale.
Chiediamo lo sciopero generale non come fine della lotta, come gli ultimi che hanno visto protagonista la Cgil, indetti senza avere una radicalità di lotta rilevante, ma come mezzo per portare a casa delle vittorie politiche rilevanti.
Vogliamo uno sciopero generale capillarmente costruito nelle settimane sui territorio, capace di bloccare il Paese e di mettere in piazza una mobilitazione di massa, radicale, determinata e pacifica.
Uno sciopero generale che non può che partire dalla Fiom, che ha già dimostrato di essere in grado di unire intorno a sé altri settori del sindacato (molte e diverse erano le bandiere Cgil in piazza) e altri movimenti politici importanti e presenti nel Paese.

Oggi possiamo rivendicare, nonostante i tentativi di oscuramento da parte dei media (con in testa, è bene chiarirlo, la "democratica e libera" "Repubblica"), di essere stati gli unici, come Giovani Comunisti e come Rifondazione Comunista, a costruire con la Fiom la mobilitazione su scala nazionale, come dimostrato dalle decine di migliaia di nostre bandiere comuniste presenti e da uno spezzone unitario Gc-Fgci capace di mettere insieme oltre 4mila compagni e compagne di tutta Italia.
Come Giovani Comunisti della Toscana, dopo l'entusiasmante giornata dell'8 ottobre, anche questa volta siamo stati presenti con il nostro striscione e i nostri slogan, felici di contribuire alla riuscita della presenza dei GC alla manifestazione.

Come abbiamo già detto, non è che l'inizio.
Vogliamo arrivare lontano..."non un passo indietro!"

GUARDA LE FOTO DELLA MANIFESTAZIONE: clicca qui per visualizzare l'album fotografico

link all'articolo su Giovani Comunisti Toscana

sabato 2 ottobre 2010

8 ottobre: per la SCUOLA PUBBLICA tutti in piazza!

8.15 concentramento STAZIONE DI PISTOIA

per raggiungere il corteo regionale a Firenze!

Ritorno previsto per le 13.00!

FACCIAMOCI SENTIRE!



  • STOP AI TAGLI DELLA CONTRORIFORMA GELMINI
  • GARANZIE SULLA SICUREZZA DELLE NOSTRE SCUOLE
  • DIRITTO ALLO STUDIO GARANTITO PER TUTTI
  • STOP AI FINANZIAMENTI ALLE SCUOLE PRIVATE
  • PARTECIPAZIONE E INNOVAZIONE PER UNA SCUOLA DI QUALITA'
  • L'INTELLIGENZA E LA RICERCA SONO I MEZZI PER USCIRE DALLA CRISI
  • NO AD UN FUTURO LAVORATIVO DA PRECARI O DISOCCUPATI

Quando il socialismo è al potere tutto è possibile…

Chi potrebbe mai pensare che un partito che ottiene il 60% dei voti sia un partito sconfitto? Eppure, nel commentare lo straordinario successo chavista nelle elezioni legislative venezuelane, la verità dei principali quotidiani italiani è questa. Logico che per sostenere un affermazione così ridicola si debbano tirare fuori dati incontrovertibili: ed ecco allora tutti a scrivere che l’obiettivo dei 2/3 dei seggi non è stato confermato, e che un “agguerrita” opposizione si preparerebbe a “dar battaglia”. In effetti, se la percentuale dei seggi socialisti è diminuita, come mai allora il Comandante Chavez può parlare di: “vittoria contundente”?

Ciò che i commentatori ignorano -o fingono di ignorare- è che nel 2005 l’ opposizione non si presentò alle elezioni, preferendo sottostare alle strategie (per loro rovinose NdR) che arrivavano dritte dritte da Washington. Le elezioni, boicottate all’ ultimo istante, furono praticamente un plebiscito chavista, e il golpe militare caldeggiato dai neo-con statunitensi non riuscì mai a concretizzarsi. Questo è sicuramente il primo dei motivi che ci spingono a ritenere il voto di ieri un successo: nella scorsa tornata elettorale l’assenza di soggetti in competizione con il Governo inficiava i reali rapporti di forza nel paese. Ora, con il ritorno sulle scene elettorali dell’ opposizione, i rapporti di forza tornano alla luce. E l’elemento positivo risiede proprio nel fatto che tornino alla luce ancora favorevoli ad una società di tipo socialista.

Per non parlare poi dell’ aspetto più evidente e significativo della vittoria: perchè si è trattato sì di una vittoria di Chavez, ma soprattutto di una vittoria del PSUV. Cioè del nuovo partito che ieri ha ottenuto 98 seggi su 165, mentre nelle elezioni del 2005 non era stato nemmeno lontanamente concepito nella mente del suo lider. Proprio noi, in Italia, dovremmo renderci conto della difficoltà di gestione e coesione dei partiti che ambiscono a rappresentare una maggioranza della società. Dopo la lenta agonia del Pd, recentemente abbiamo visto disgregarsi anche il Pdl. In Venezuela invece si è verificato il contrario: Chavez e i suoi sostenitori la loro battaglia l’hanno vinta, trasformando un nugolo di movimenti in un partito saldo, coeso, organizzato. Puntando sulle nuove tecnologie, incentivando a scendere in trincea contro gli oligarchi anche sul Web, con i nuovi strumenti tecnologici, su Facebook, su Twitter. Certo, non tralasciando mai la presenza nei barrio, i quartieri popolari, nelle strade, nelle unità produttive: perchè i dirigenti popolari e i quadri del PSUV sanno per chi stanno lavorando. Sanno chi li ha sostenuti e ha salvato le loro vite ai tempi del golpe del 2002, chi ha pagato anche col sangue la continuità dell’ ordine democratico. Ed ecco allora ogni muro sbreccato fiorire di murales, di slogan, di citazioni rivoluzionarie, con grafiche magnifiche unite ad una notevole immediatezza comunicativa.

Ma passiamo adesso all’ analisi dell’ opposizione, come l’abbiamo chiamata fino ad ora, in ossequio alla terminologia della stampa italiana. Anche se sarebbe più giusto chiamarle opposizioni. Già, perchè in realtà, ad opporsi a Chavez, ci sono una masnada infinita di movimenti e partitini: dai reazionari alle pseudo “sinistre”, passando per i conservatori di AD e COPEI, protagonisti assoluti di un cinquantennio di politica venezuelana. Soggetti politici assai litigiosi e difficili da gestire anche stando a sentire i loro finanziatori statunitensi, spesso indignati per la loro incapacità di fare fronte comune al chavismo. Ed in effetti l’unico comune denominatore che sembra unirli pare questo: i fondi più o meno legali che affluiscono dal governo USA nelle loro casse sotto forma di “aiuti al processo democratico”. Se si pensa che nel PSUV vige un rigido centralismo democratico, compensato da meccanismi di massiccia partecipazione della base, è difficile credere che un fronte così eterogeneo e privo di coordinamento possa impensierire la Revolucion Bolivariana. A meno che questo coordinamento non venga realizzato ed eterodiretto dal governo degli Stati Uniti, che da undici anni a questa parte è l’unica vera opposizione attiva e credibile che si sia vista in Venezuela.

Perchè in Venezuela non è certo tutto rose e fiori. Se ai problemi interni, come l’emancipazione dell’ economia dal petrolio, o l’ inflazione galoppante ci pensa il Governo, per la difesa del Socialismo dagli attacchi esterni dobbiamo mobilitarci tutti. Perchè i segnali che giungono dal Sudamerica non sono sicuramente buoni: incursioni di gruppi paramilitari alle frontiere venezuelane, violazioni dello spazio aereo, militanti del PSUV misteriosamente assassinati. Tutto questo nel quadro generale di un colpo di stato impunito in Honduras, di sette nuove basi statunitensi nello stato vassallo di Colombia, trame per assassinare Evo Morales, e un nuovo vigore nelle diffamazioni a mezzo stampa dei lider rivoluzionari. A tutte queste manovre destabilizzatrici, a tutti coloro che tramano nell’ ombra, oggi è stata data una risposta forte e univoca.

E questa risposta è stata data alla luce del sole, con un sistema di votazione trasparente che ha saputo guadagnarsi l’apprezzamento persino del Washington Post. Una risposta che parla di ridimensionamento delle diseguaglianze sociali, di istruzione e sanità pubbliche per tutti, di un vero antimperialismo e di un autentica sovranità nazionale. Una risposta che vede sventolare ancora alta la bandiera del socialismo del siglo XXI. E in Italia cosa stiamo aspettando?

CARLO LINGERA
GC Torino

28 Settembre 2010


un documentario da vedere (le altre parti su YouTube)

11/13 aprile 2002: quando il popolo venezuelano liberò Chavez e spazzò via il golpe orchestrato da oligarchie del paese, televisioni private e Stati Uniti.